Il processo che determina l’integrazione degli impianti dentali nell’osso prende il nome di “osteointegrazione”. Il termine è stato coniato alla fine degli anni ’60 da colui che lo ha sperimentato per primo, il Prof. Branemark, professore all’Istituto di Biotecnologia Applicata di Goteborg.Il processo di “osteointegrazione”, finalizzato a garantire una completa e duratura integrazione del pilastro dentale nell’osso, prevede l’utilizzo di impianti endossei in titanio, a vite, caricati con protesi dopo un’attesa di 3-4 mesi in mandibola e 5-6 mesi nel mascellare. Tutte le altre varianti di metodo possono non garantire la completa osteointegrazione con formazione di più o meno vaste aree di fibrosi attorno agli impianti, condizione che espone a perimplantiti e conseguente perdita degli impianti.
Per aumentare quindi la possibilità di riuscita del processo di osteointegrazione, sarebbe meglio non applicare subito le protesi (corone singole, ponti, intere arcate), ma attendere un periodo dai 3 ai 6 mesi, per dare la possibilità agli impianti di integrarsi senza subire sollecitazioni dai carichi occlusali.
Cos’è l’implantologia a carico immediato
Va detto che l’implantologia dentale si è modernizzata nel corso degli anni: sono cambiate molte cose da quando il Prof. Branemak ha introdotto il concetto di osteointegrazione. Oggi, si parla molto della possibilità di riavere i denti mancanti in una sola seduta.
Questa tecnica è chiamata “implantologia a carico immediato”. Con questo tipo di intervento, le protesi vengono applicate subito dopo l’inserimento degli impianti: tale tecnica è attualmente utilizzata e supportata a livello scientifico, ma presenta dei rischi.
Secondo uno studio del “Department of Oral and Maxillofacial Surgery” del Massachusetts General Hospital di Boston, l’implantologia a carico immediato aumenta del 27% la probabilità di insuccesso degli impianti dentali rispetto all’implantologia tradizionale (detta anche a carico differito) a distanza di un anno dall’intervento (Delayed versus immediate loading of implants: survivor analysis and risk factors for dental implant failure, Susarla SM, Chuang SK, Dodson TB, J. Oral Maxillofac Surg, 2008, feb, 66(2):251-5).
Forse, per aumentare al massimo la probabilità di successo degli impianti, è meglio aspettare che questi si stabilizzino prima di ripristinare la funzione dei denti, non credi?
Nei centri odontoiatrici partner del marchio IMI-EDN si preferisce dare all’osso del paziente il tempo biologicamente necessario per integrarsi perfettamente con l’impianto, in modo da non rischiare di compromettere questo processo con un carico immediato.