Macchie sui denti e carenza di vitamina D: solo una questione di igiene orale o servono integratori?

Di norma, i denti macchiati possono essere il risultato di diverse concause: una scarsa o inadeguata igiene orale domiciliare, l’assenza di regolari interventi di pulizia professionale presso il proprio odontoiatra, il consumo di alimenti che tendono a macchiare lo smalto dentale come il caffè, il vino, il te o il cioccolato, cattive abitudini come il fumo di sigaro o sigaretta o la masticazione delle foglie di tabacco.

Tuttavia, esiste anche una correlazione tra la discromia dello smalto dentale e la carenza di vitamina D, ossia l’ipovitaminosi D.

Laddove tale legame sia sospettato dal professionista medico, sarà quindi necessario valutare le opportune strategie di integrazione di questo importante gruppo di pro-ormoni liposolubili costituito da cinque diverse vitamine: vitamina D1, D2, D3, D4 e D5.

Denti macchiati e ipovitaminosi D: la demineralizzazione dello smalto dentale

Nel caso in cui le macchie sui denti siano causate da una carenza di vitamina D nell’organismo, ci troveremo di fronte a una vera e propria demineralizzazione dello smalto dentale, ossia della sostanza che riveste la superficie esterna dei denti. Questa è la ragione per cui le macchie sui denti possono non interessare esclusivamente gli adulti, ma anche in bambini.

Dal momento che la vitamina D si occupa di regolare il metabolismo del calcio svolgendo un ruolo cruciale nel processo di formazione e mineralizzazione di ossa e denti, va da sé che una carenza o addirittura deficienza di questo importante gruppo di pro-ormoni produrrà ripercussioni più o meno gravi a livello dei denti, sia in termini estetici che funzionali.

In linea generale, possiamo definire l’ipomineralizzazione dello smalto dentale come un difetto qualitativo della superficie esterna dei denti, che inizia a mostrare la presenza di macchie gialle e marroni tipicamente evidenti e porose. Se non trattata, questa condizione può portare a un incremento sensibile della porosità e dunque allo sgretolamento degli elementi dentali.

L’ipomineralizzazione dentale è una patologia molto diffusa e colpisce principalmente i primi molari permanenti. È il risultato della sistematica perdita di calcio e fosfato a livello dello smalto dentale, e oltre alla carenza di vitamina D, può essere ulteriormente peggiorata da concause, quali ad esempio l’assunzione di alcuni medicinali – come gli antibiotici.

Contestualmente, una condizione di ipovitaminosi D può incrementare il rischio di carie e malattie gengivali – con sintomi classici come il sanguinamento – oltre che di insorgenza della pericolosa malattia parodontale.

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Carenza di vitamina D e problematiche dentali fin dall’infanzia

È inoltre interessante notare che i livelli di vitamina D materna possono generare un’influenza sulla dentizione primaria e sullo sviluppo della carie durante la prima infanzia.

In termini pratici, questo significa che una carenza di vitamina D nella mamma può essere trasferita al neonato e, se non adeguatamente corretta in fase di crescita, generare nel bambino non soltanto macchie sui denti, ma anche un incremento della possibilità di carie dentale.

Fin dalla prima infanzia e comunque nel corso di tutta la vita, è dunque opportuno assumere i corretti quantitativi di vitamina D – sia attraverso l’attenta e regolare esposizione della pelle al sole, responsabile da sola dell’80% dell’assorbimento da parte dell’organismo, sia attraverso l’assunzione di alimenti che contengono questo gruppi di ormoni.

I benefici a livello dei denti saranno infatti notevoli, e includeranno un sensibile miglioramento dello sviluppo dentale e della formazione della dentina, un’incrementata protezione topica e immunità corporea e un miglioramento della qualità e dei componenti della saliva, sostanza che influisce sulla resistenza dello smalto dentale.

Pazienti di ogni età, sia adulti che in età dello sviluppo, che dovessero presentare macchie sui denti con le caratteristiche sopra indicate dovrebbero senza dubbio indagare l’eventuale correlazione tra tale condizione e la carenza di vitamina D con analisi più approfondite. Sarà poi il medico, in funzione dei risultati ottenuti, a definire i corretti protocolli e le eventuali integrazioni per raggiungere un’assunzione ottimale di tale indispensabile elemento per la salute umana.

In termini di integrazione di vitamina D, i quantitativi varieranno a seconda del sesso e dell’età dell’individuo. In generale e in assenza di fattori di rischio, il fabbisogno giornaliero di vitamina D è stimato essere di 400 unità al giorno. In presenza di deficit o fattori di rischio, la dose potrà invece arrivare fino a 1000 unità al giorno.

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